La Sardegna, gioiello del Mediterraneo, convive da decenni con la piaga persistente degli incendi boschivi. Questo fenomeno si ripresenta ogni anno con regolarità, lasciando dietro di sé una scia di distruzione ambientale ed economica. L’emergenza non riguarda solo l’attualità, ma affonda le sue radici in una storia complessa.
Una "piaga endemica": i dati storici
Superficie percorsa dal fuoco (dal 2005 al 2022)
Talvolta può capitare di sentire l’espressione “piaga endemica” della Sardegna utilizzata proprio per enfatizzare la profonda indicazione della persistenza e della sistematicità del problema.
Per comprendere la gravità del fenomeno, è sufficiente analizzare i dati storici. Nel periodo tra il 1971 e il 2003, la Sardegna ha registrato una media sconcertante di 3.372 incendi all’anno, che hanno mandato in fumo circa 13.000 ettari di territorio ogni anno. Sebbene i dati più recenti mostrino un cambiamento nelle dinamiche, con un numero inferiore di eventi (ma una maggiore probabilità di “mega-incendi” devastanti), la minaccia resta altissima. Ad esempio, il 2021 è stato un anno eccezionalmente grave, il peggiore dal 1998, con il solo incendio del Montiferru che ha devastato circa 13.000 ettari, eguagliando in un singolo evento la media di un intero anno del passato.
I dati recenti del 2024
Durante lo scorso anno, nel 2024, secondo le elaborazioni dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), basate sui dati EFFIS (European Forest Fire Information System), la Sardegna ha registrato circa 40 eventi incendiari significativi. È fondamentale precisare che questa cifra si riferisce a incendi di una certa rilevanza o estensione, che contribuiscono in modo preponderante alla superficie bruciata complessiva. Infatti, parallelamente, i dati operativi del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale (CFVA) indicano un numero complessivo di interventi e accensioni decisamente superiore. Ad esempio, al 22 luglio 2024, il CFVA aveva già registrato 396 roghi solo per il mese di luglio. Lo scorso anno in totale sono andati in fumo 5.524 ettari di superficie totale, di cui 1.734 ettari di foreste. Anche se questi numeri possono sembrare inferiori rispetto ai picchi storici, la capacità di singoli eventi di eguagliare o superare le medie annuali storiche di superficie bruciata è un segnale preoccupante. La Sardegna si conferma comunque tra le regioni più colpite a livello nazionale, contribuendo in modo significativo al totale delle aree forestali bruciate in Italia.
La natura dei roghi
Contrariamente a quanto si possa pensare, le cause naturali rappresentano una minima parte degli inneschi. La stragrande maggioranza degli incendi in Sardegna è legata all’attività umana. Secondo le statistiche del Corpo Forestale, circa il 72% degli incendi è di natura dolosa, appiccato volontariamente. Un altro 11% è di origine colposa, derivante da negligenza, imprudenza o imperizia, come l’abbandono di mozziconi di sigaretta o l’uso improprio di attrezzi agricoli. A questi fattori si aggiungono le condizioni ambientali: i periodi caldi più intensi, la siccità prolungata e i forti venti come il Maestrale creano le condizioni ideali per l’innesco e la rapida propagazione delle fiamme, rendendo il lavoro delle squadre antincendio ancora più arduo.
72% Dolosi
11% Colposi
17% Altre Cause
Conseguenze
L’impatto degli incendi sulla ricca e unica biodiversità sarda può essere catastrofico. Le fiamme non solo distruggono la vegetazione, ma cancellano interi habitat, causando la morte di migliaia di animali, sia selvatici che d’allevamento. La fauna selvatica, intrappolata dalle fiamme, viene totalmente decimata in poche ore. La Sardegna è la regione italiana con il più alto numero di specie vegetali a rischio, contando ben 183 specie endemiche, cioè presenti solo sull’isola. Anche la fauna selvatica paga un prezzo altissimo. Specie uniche come l’euprotto e il discoglosso sardo (due anfibi endemici rari), insieme a popolazioni iconiche ben più conosciute, vedono il loro habitat ridursi drasticamente, aumentando il rischio di estinzione. La perdita dell’habitat infatti non significa solo la scomparsa di rifugi e aree di riproduzione, ma anche la drastica riduzione delle fonti di cibo, rendendole più vulnerabili a malattie e predatori.
I danni immediati degli incendi includono la distruzione della vegetazione superficiale, dei pascoli, delle colture agrarie e delle strutture agricole come capannoni, fienili e mezzi. Nonostante l’impatto visivo e materiale, la macchia mediterranea, che costituisce una parte significativa degli ecosistemi sardi, possiede una notevole capacità di recupero dopo un incendio. Alcune specie vegetali adattate al clima arido, come la lavanda e il rosmarino, sono capaci di seccarsi e re-idratarsi rapidamente, mostrando una certa resistenza agli eventi di fuoco.
Ma il ripristino completo dei boschi e della macchia mediterranea distrutti dagli incendi è un processo estremamente lungo, stimato in almeno 15 anni. Durante questo periodo, il suolo, privato della sua copertura vegetale, diventa più vulnerabile all’erosione e al dissesto idrogeologico, aumentando il rischio di frane e alluvioni, un problema particolarmente sentito in Italia. Altri danni possono essere insanabili, pensiamo alla distruzione dell‘olivastro millenario di Cuglieri, raro simbolo di archeologia botanica. Inoltre, la distruzione della vegetazione compromette i “servizi ecosistemici” fondamentali, come la capacità del bosco di purificare l’aria e l’acqua, assorbire CO2 e conservare il suolo. Si innesca così un circolo vizioso in cui gli incendi contribuiscono alla desertificazione e al surriscaldamento di ampie aree, che a loro volta favoriscono nuovi e più intensi roghi.
Cosa può fare ognuno di noi?
La lotta agli incendi in Sardegna non può limitarsi alla sola fase di spegnimento. È fondamentale investire in una prevenzione attiva e costante, che coinvolga istituzioni e cittadini. Dalla gestione del territorio (pulizia del sottobosco, fasce tagliafuoco, pratiche agricole e pastorali ecc.) fino alla sensibilizzazione con campagne di informazione per educare la popolazione sui rischi e sui comportamenti corretti da adottare. Affrontare la piaga degli incendi in Sardegna richiede un impegno corale e una visione a lungo termine. Proteggere il patrimonio naturale dell’isola non è solo un dovere morale, ma un investimento indispensabile per il futuro delle nuove generazioni e per la salvaguardia di un ecosistema unico.
I cittadini possono fare qualcosa? Sì. Tutti i cittadini possono fare qualcosa per limitare il più possibile eventi di questo tipo: In caso di avvistamento incendio, bisogna chiamare o il 1515 (numero del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale), il 115 (numero del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) o più semplicemente il 112 (numero unico per le emergenze) e segnalare con tempestività la presenza di incendi boschivi e qualsiasi altro tipo di emergenza ambientale, nonché inoltrare richieste di soccorso. Si tratta di un servizio attivo 24 ore su 24, su tutto il territorio regionale. I numeri possono essere selezionati da qualsiasi telefono a linea fissa, pubblica e privata o da qualsiasi cellulare e la chiamata è completamente gratuita. Avere un occhio vigile su comportamenti che possono mettere a rischio l’ambiente e segnalare un incendio tempestivamente sono piccoli gesti di grandissima importanza che possono fare la differenza tra metri ed ettari di terra bruciata.
Carta de Logu - Approfondimento Storico
CARTA DE LOGU
ORDINAMENTOS DE FOGU
XLV CAPITOLO - De non ponni fogu infini assu tempus ordinadu
Volemus ed ordinamus chi nexuna persona deppiat ne pozzat ponni fogu infini a passada sa festa de Santa Maria chi est a dies ottu de Capudanni. E chi contra fagherit, paghit de machicia liras ventichimbi, ed ultra ciò paghit su dannu chi hat a fagher a cui hat a esser. E dae cussa die innantis ciascaduna persona pozzat ponni fogu a voluntadi sua, guardandosi pero non fazzat dannu ad attiri, E si fagherit dannu, paghit pro machicia liras deghi ed issu dannu a cui ill'hat a haviri fattu. E si non hat dae chiteu pagari cussu chi hat a esser condennadu in liras deghi, istit in pregioni a voluntadi nostra. Ed issos Jurados dessa villa bui s'hat a ponni su fogu, siant tenudos de provari e tenner sos malefattoris predittos, e de representarillos assa Corti nostra infra bindighi dies; e si nollos tenint în su dittu tempus, sos dittos Jurados cun sos hominis dessa villa paghint de machicia, ciò est: sa villa manna liras trinta ed issa Villa picinua liras bindighi. Ed issu Curadori de ciascuna de cussas villas paghit soddos centu. E dessos benis chi hant a lassari, ciò est sos chi hant a esser fuydos ed inculpados, si deppiat pagari su dannu a cui hat a esser, ed issu remanenti de cussos benis si deppiat contari 'n su pagamentu chi hant a faghet sos bominis dessa villa.
XLV CAPITOLO QUARANTACINQUESIMO - Di non appiccare il fuoco (nelle campagne) prima del periodo permesso.
Vogliamo ed ordiniamo che nessuno deve e può appiccare il fuoco (alle stoppie in campagna) fino alla festa di Santa Maria, l'8 settembre; il contravventore sarà tenuto a pagare venticinque lire di multa ed a rifondere al danneggiato (eventuale) il danno subìto. Dall'8 settembre in poi ognuno potrà appiccare (alle proprie stoppie) il fuoco a volontà facendo attenzione a non danneggiare gli altri, sennò sarà costretto a pagare dieci lire di multa e a rifondere il danno, Se costui non avrà di che pagare, stia in prigione a nostro arbitrio, Ed i giurati del villaggio dove è stato appiccato il fuoco, sono tenuti ad arrestare con prove i malfattori, ed a tradurli alla Corte (di giustizia) entro quindici giorni; altrimenti, i giurati e gli uomini di quel villaggio paghino una multa di trenta lire se si tratta di un villaggio grande (= con oltre duecento nuclei familiari), e di quindici lire se si tratta di un villaggio piccolo (= con meno di duecento nuclei familiari), mentre il curadori dei suddetti villaggi paghi di per sé cento soldi (= cinque lire). In questi casi sia rifuso il danno al danneggiato detraendolo dai beni incamerati dei latitanti e dei colpevoli; l'eventuale rimanente potrà essere usato per pagare la multa collettiva.
XLVI CAPITOLO - De non ponni fogu a domu de alcuna persona studiosamenti
Constituimus ed ordinamus chi si alcuna persona ponnerit fogu a domu de person'alcuna studiosamenti, e fagherit dannu, 0 non, ed est indi binchida, siant tenudos sos Jurados ed hominis dessa villa de provari e de tenni v'homini chi hat a haviri posta su dittu fogu, e dellu battiri tentu assa Corti nostra. E siat juvgadu dellu ligari a unu palu, e fagherillu arder. E si sos Jurados ed hominis dessa villa non tennerint s'homini chi bat a baviri fattu su mali, paghit comunalimenti sa villa manna liras centu, ed issa villa piccinna liras chimbanta. E dessos benis de cussos homzinis, chi bant a haviri postu su fogu, si deppiat pagari su dannu chi bat a haviri fattu.
XLVI CAPITOLO QUARANTASEIESIMO - Di chi appicca volontariamente il fuoco ad una casa altrui.
Stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno appicca volontariamente il fuoco ad una casa altrui, con o senza danno, ed è dichiarato colpevole, i giurati e gli uomini del villaggio sono tenuti ad arrestare con prove l'incendiario ed a tradurlo alla nostra Corte (di giustizia), dove sarà condannato ad essere legato ad un palo ed arso vivo, Se non l'arrestano, i giurati e gli uomini del villaggio grande (= con oltre duecento nuclei familiari) paghino cento lire di multa; quelli del villaggio piccolo (= con meno di duecento nuclei familiari) paghino cinquanta lire. Il danno sarà rifuso al danneggiato dai beni requisiti agli incendiari.
XLVII CAPITOLO - De non ponni fogu studiosamenti a lavori messadu
Item ordinamus chi, si alcuna persona ponnerit fogu studiosamenti a lavori messadu, over a messari, o a vingia, o a ortu, ed est indi binchida, paghit pro machicia liras chimbanta, e su dannu a chi ill'hat a haviri fattu; e si non pagat issa, over attiri pro see, seghitsilli sa manu destra. Ed issos Jurados siant tenudos de provari e de tenni sos malefattoris ad icussa pena chi narat su secundu capidulu.
XLVII CAPITOLO QUARANTASETTESIMO - Sul divieto di appiccare volontariamente il fuoco ai cereali mietuti o da mietere, oppure alle vigne o agli orti.
Inoltre, ordiniamo che se qualcuno appicca volontariamente il fuoco ai cereali mietuti o da mietere, oppure alle vigne o agli orti, ed è dichiarato colpevole, paghi cinquanta lire di multa e rifonda il danno arrecato. Se non paga, o se nessuno paga per lui, gli sia amputata la mano destra. I giurati sono obbligati ad arrestare con prove i malfattori perché siano condannati secondo quanto detto nel secondo capitolo delle ordinanze sul fuoco (= il precedente capitolo XLVI).
XLVIII CAPITOLO - De non ponni fogu in villa, over in habitacioni de cussa
Volemus ed ordinamus chi si su fogu chi si badi a ponni in sa villa, over in s'habitacioni dessa ditta villa, fazzat perdimentu, siant tenudos sos Curadoris, ciascadunu in sa Curadorîa sua, ed issos Officialis chi bant sas villas a feu, ed issos Officialis, o Armentargios dessas villas issora, (e) deppiant (= depianu ad) andari a prezzari su dannu chi hat a haviri fattu su fogu cun sos megius borninis dessa villa, e de benni assa Corti dae indi a dies bindighi a denunciarillu assa Corti nostra, a pena de pagari su Curadori assa Corti liras vintichimbi.
XLVIII CAPITOLO QUARANTOTTESIMO - Sul divieto di appiccare il fuoco nel villaggio o nei suoi habitacionis (= terreni coltivati).
Vogliamo ed ordiniamo che se il fuoco, appiccato nel villaggio o nei suoi habitacionis (= terreni coltivati), farà danni, il curadori, della curadorìa interessata (dal fuoco), con gli armentarios (= amministratori privati) dei villaggi della sua curatorîa, e ì funzionari regi del villaggio (= maioris de villa e de pradu) dove si è sviluppato l'incendio, devono recarsi insieme coi migliori uomini dello stesso villaggio a valutare i danni arrecati dal fuoco, e poi venire alla nostra Corte (di giustizia) a denunciarli, altrimenti il curadori pagherà alla Corte (di giustizia) venticinque lire di multa.
XLIX CAPITOLO - De fagheri sa doha pro guardia dessu fogu
Constituimus ed ordinamus chi sas villas chi sunt usadas de fagheri sa doha pro guardia dessu fogu, deppiant illa fagher sa doha secundu chi fudi usadu pro temporali ciascaduna villa în s'habitacioni sua, e chi noll'hat a haviri fatta pro Santu Pedru de Lampadas paghit soddos deghi per bomini. Ed issa villa ch'ill'hat a fagheri, fazzat illa chi fogu nolla barighit sa ditta doha; e si fogu illa barigat, e faghit perdimentu, paghit sa villa soddos deghi per homini secundu chi est usadu, ed issu Curadori liras deghi assa Corti. E si su Curadovi cumandarit assos Jurados, over assos atteros bominis dessa villa, de fagheri sa ditta doha, e nolla fagherint, paghint comunalimenti sa pena chi deviat pagari s'Officiali, e s'Officiali siat liberu.
XLIX CAPITOLO QUARANTANOVESIMO - Sull'effettuare le ripuliture tagliafuoco.
Stabiliamo ed ordiniamo che i villaggi impegnati ad effettuare l'allestimento di fasce tagliafuoco, l'effettuino per tempo nei propri habitacionis (= terreni coltivati). Se non lo fanno entro il giorno di San Pietro (il 29) del mese di giugno, ogni uomo del villaggio paghi dieci soldi (= mezza lira) di multa. Ed ogni villaggio impegnato faccia le fasce tagliafuoco in modo che le fiamme non le superino; perché se il fuoco le supera, ed arreca danni, il villaggio dovrà pagare alla Corte (di giustizia) dieci soldi (= mezza lira) per ogni componente la squadra tagliafuoco; mentre il curadori dovrà pagare di per sé dieci lire. Se, invece, il curadori ordina ai giurati o agli uomini del villaggio di realizzare le fasce tagliafuoco, e costoro non le fanno, siano essi obbligati a pagare comunicativamente la penale del curadori assolto.