Chiesa di sa itria

Monte Ortobene – Chiese e luoghi di culto

Indice

Cenni storici

Nel 548 d.C l’imperatore d’Oriente Giustiniano I, fece annettere la Sardegna all’Impero Bizantino. All’epoca la Sardegna, dal punto di vista religioso, era sostanzialmente divisa in due: una parte era romanizzata, cristianizzata e bizantina (quella dei Provinciales), mentre quella interna, era costituita da aggregati cantonali, con popolazioni idolatre e pagane, denominate Gens Barbaricine, erano governate da un capo: “Hospitoni duci Barbaricinorum”. Nell’estate del 594 si concluse un patto tra Bizantini e Barbaricini e, tra i vari accordi, Ospitone accettò la conversione al Cristianesimo del suo popolo.

Per evangelizzare a fondo la Sardegna, papa Gregorio I affidò l’isola ai Benedettini che costruirono piccoli monasteri, detti abbadie. La presenza bizantina in epoca alto medievale a Nuoro è testimoniata presso il quartiere di San Pietro, in via Brusco Onnis, dal rinvenimento di una tomba multipla bizantina (poliandro), dove all’interno sono stati ritrovati resti umani con un vestiario ed equipaggiamento bellico tipico di una decarchia bizantina. Nel 1868 lo Spano riportava del ritrovamento di una moneta dell’imperatore Leone VI nei dintorni della città di Nuoro.

Itria” è un nome legato al culto di origine greca ed orientale per la Madonna Hodeghetria, di cui Itria è l’abbreviazione. Questo epiteto è formato dalle radici hodos, strada, e hegheisthai, condurre, pertanto ha l’accezione di Madonna del viandante, del pellegrino. In Italia viene ufficialmente denominata Madonna “Odigitria“. Le chiese a lei dedicate erano vicine agli antichi centri abitati, spesso collegate a questi da percorsi sacri di espiazione e pellegrinaggio.

Molti dei santuari dedicati alla Madonna di Sa Itria in Sardegna sono stati costruiti nelle vicinanze di resti archeologici come menhir, nuraghi o luoghi comunque anticamente sacri, come spesso accade per il fenomeno del sincretismo religioso (ossia la trasposizione di luoghi e riti pagani in cristiani, proprio quello che voleva Gregorio I).

Sa Itria di Nuoro

La chiesa di Nostra Signora d’Itria, si trova a valle nord del monte Ortobene a circa 1 km da Nuoro. Ormai completamente abbandonata a sé stessa, rimangono pochi ruderi. È ben evidente la pianta rettangolare formata da tre ambienti. Dalla base si innalzavano diversi archi a sesto acuto, ormai tutti crollati eccetto uno. Interessante è anche la presenza di un’antica via, ormai distrutta, realizzata attraverso la tecnica de “s’impredau” e di alcune casette poste a lato della chiesa “sas cumbissias”.

La chiesetta del monte Ortobene ha resti murali che potrebbero risalire ad un antico insediamento di monaci basiliani (devoti a San Basilio). Sono infatti presenti tracce di terrazzamenti per le produzioni orticole e nei dintorni crescono in maniera spontanea i gigli, simbolo di purezza, che venivano impiantati per le celebrazioni della festa dedicata alla Madonna d’Itria.

La collocazione storica è pertanto molto difficile da individuare (soprattutto per via della mancanza di scavi) e pertanto la sua datazione si estende per un periodo temporale molto vasto. La chiesa potrebbe essere stata edificata tra il 1200 e il 1400 ma, dai rinvenimenti sopra citati, potrebbe collocarsi in un periodo storico ben precedente, introno al 600 d.C (probabilmente sulla base di un precedente monastero). In qualunque caso, il santuario della Madonna di Sa Itria, sarebbe una delle chiese più antiche di Nuoro.

Dal dizionario storiografico di Casalis, si apprende che la chiesetta venne sconsacrata tra il 1780 e il 1786 (all’epoca presiedeva Monsignor Antioco Serra Urru). Non si sa esattamente il motivo del sconsacramento, anche se alcune storie fanno riferimento al fatto che il santuario fosse divenuto punto di ritrovo di banditi.

La Festa

La festa dedicata alla Madonna di Sa Itria fu la festa più importante della Nuoro antica. In un periodico Sardo del 1892, Antonio Ballero descrive, attraverso il racconto degli anziani dell’epoca, la festa di Sa Itria.

Ballero così scrive:

<< […] Tale la leggenda che si racconta di questa Madonnina; ciò che la rende interessante però è la festa che si fa a Nuoro, tutti gli anni, ai primi di giugno, ed il suo scopo benefico. […] La festa de s’Itria è il trionfo della pace serena, dell’amore per i poverelli bisognosi, dell’elemosina colossale portata a banchetto, direi quasi omerico.
Fin da un mese prima della fausta ricorrenza comincia il lavoro de sos priores, specie di comitato annuale per le feste, che viene eletto a sorte dal comitato che scade. Sos priores vanno in giro per tutte le case del paese, per indurre le famiglie ad accudire a Sa Itria, cioè a concorrere alla festa per renderla più ricca e più solenne. È rara la famiglia dei contadini e dei pastori benestanti che non aderisca alle preghiere del comitato. L’obbligo degli obblatori è di portare, otto giorni prima, nel luogo destinato per la festa, una certa quantità stabilita di farina, destinata a fare la minestra “Su Filindeu”, specie di tagliateli lunghissimi e sottilissimi, che si fanno riducendo la pasta quasi liquida e poi tirandola a fili che si fanno asciugare sopra ampi canestri. Oltre alla farina, il giorno prima della festa si deve portare tanto pane bianco “su cocone de sa festa”, quanto se ne può ricavare da uno starello di grano.
I pastori portano il loro oblo alla Madonna, rigalando in gran copia del bestiame. I ricchi donano un bue od una vacca; gli altri donano agnelli, pecore o capre.
Oltre a questa contribuzione in natura, tutti i soci si impegnano di rifondare in danari, quanto loro spetti individualmente, per tutte le altre spese che possano occorrere. […] >>

 

Una festa molto importante che ricorda per certi aspetti quella di San Francesco, ancora oggi praticata.

È complicato sconsacrare una chiesa, ma è sicuramente ancora più complicato eliminare le usanze che si sono sviluppate intorno ad essa. La domanda sorge spontanea, come ha fatto una festa così importante e sentita dalla comunità nuorese a sparire nel nulla? Perché la chiesa di Sa Itria è stata abbandonata sé stessa?

Anche in questo caso ci viene in aiuto Antonio Ballero che, sempre nello stesso periodico, ci racconta un dettaglio molto particolare. Parrebbe infatti che la famosa festa di Sa Itria, probabilmente per via del sconsacramento, nell’800 veniva celebrata all’interno della Chiesa delle Grazie (all’interno della quale, ancora oggi, dovrebbe essere conservata la statua della madonnina proveniente dal monte).

Ballero scrive:

<< Il sette di giugno di quest’anno fu la giornata famosa. Nell’ampio cortile quadrato della chiesa delle Grazie, circondato tutt’intorno da loggiati, destinati per i negozianti che accorrevano alla festa de sa Grassia, ora andata in disuso, si preparava fin dalla sera prima, tutto l’occorrente per la grande giornata.[…]>>.

È interessante leggere come la festa delle Grazie (ad oggi una delle più importanti per Nuoro) nell’800 fosse andata in disuso mentre, a giugno, la festa per la madonna di Sa Itria continuava ad essere festeggiata ampiamente all’interno della chiesa delle Grazie vecchie.

È possibile, dunque, che le due feste, entrambe celebrate all’interno della stessa chiesa, si siano fuse col tempo, e questo spiegherebbe l’attaccamento affettivo dei Nuoresi per la festa delle Grazie. Una festa molto sentita dalla popolazione per via della devozione verso la madonna che liberò Nuoro dalla peste ma, molto probabilmente, anche per via di Sa Itria, molto più antica della costruzione stessa della chiesa delle Grazie vecchie (avvenuta alla fine del 1600). Una festa, quindi, che si perde nei secoli del passato, una festa misteriosa e forse, tra le più antiche feste Nuoresi.

Architettura

La chiesa di Sa Itria è in stato di abbandono da numerosi secoli e versa in una condizione irreparabilmente compromessa, invasa da una fitta vegetazione circostante che ne rende la comprensione dell’architettura e della geometria della struttura un’impresa ardua. La mancanza di interventi di pulizia e di scavi adeguati da parte delle autorità preposte, impedisce di confermare qualsiasi ipotesi. Si può comunque tentare di fare un’analisi sulla base di ciò che è attualmente visibile.

La struttura del rudere, con una lunghezza compresa tra i 10 e i 12 metri e una larghezza tra i 5 e i 6 metri, si presenta con una pianta rettangolare suddivisa in tre ambienti principali. L’unica testimonianza della facciata è rappresentata da una parziale porzione dell’arco e della muratura, che ricorda vagamente l’aspetto della facciata della chiesetta del monte Nero, prima che venisse restrutturata, e di Valverde. Ad essa è collegato un piccolo pronao che fungeva da accesso e dal quale si accedeva all’ingresso effettivo.

Il santuario, a sua volta, presenta una suddivisione interna in due ambienti principali: la navata e il presbiterio.

Il presbiterio, distinto dalla navata attraverso un imponente arco, di cui restano soltanto le basi, possiede una pianta quadrata e si delimita tramite quattro archi a sesto acuto incastonati nella muratura. In passato, fino alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, si osservavano due di questi archi, tuttavia oggi solo uno di essi ha resistito all’usura del tempo. Si tratta dell’arco inserito nella parete sinistra, il quale includeva al suo interno una piccola finestra che si affacciava all’esterno del santuario.

All’esterno del complesso, in corrispondenza dell’unica arcata rimasta, si può osservare ciò che resta di un contrafforte, fondamentale nell’assicurare la stabilità della muratura. L’arco, a causa dei molteplici eventi che si sono susseguiti nel corso degli anni, presenta un cedimento strutturale che lo ha reso lievemente sporgente verso l’esterno, e forse è proprio grazie alla presenza del contrafforte che l’arcata è stata preservata fino ai giorni nostri.

Subito a seguito del presbiterio, è presente un ambiente racchiuso da quattro pareti alte, che potrebbe aver ospitato la sacrestia. L’accesso a tale spazio avveniva attraverso un’entrata attualmente seminascosta dalla vegetazione circostante. La muratura rimasta raggiunge un’altezza di circa 4 metri.

A lato del santuario è possibile scorgere i ruderi delle numerose cumbessias, o abitazioni dei monaci religiosi. L’evidenza della presenza dei monaci, in particolare di rito benedettino, si può desumere dalla presenza di terrazzamenti orticoli nei pressi della chiesa, di ulivi piantati nelle vicinanze e soprattutto di gigli che crescono ancora oggi spontaneamente e che presumibilmente venivano coltivati per la celebrazione della festa di Sa Itria.

Quasi certamente il santuario di Sa Itria è stato costruito sui resti di un precedente monastero, la cui età risulta essere notevolmente più antica di quella della chiesa attuale, anche se delle sue vicende storiche, ancora oggi, sappiamo ancora molto poco.

Ricostruzione

Ma come doveva apparire la chiesa qualche secolo fa?
Ecco di seguito una possibile ricostruzione dell’antico monastero

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4.7/5

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Ruderi di Sa Itria

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