L'erosione termoclastica

Precedentemente, ho definito il M.te Ortobene come la testimonianza delle immense forze che hanno agito e agiscono nelle profondità terrestri; ma esso è I’ opera non ancora ultimata di un abile cesellatore che I’ ha scolpito e modellato nel corso dei millenni e che tutt’oggi prosegue nel suo minuzioso lavoro. Mi riferisco, ovviamente, all'”ambiente naturale” e agli elementi che lo caratterizzano, che esercitano sui graniti azioni fisiche e chimiche, disgregandoli e alterandoli. L’erosione termoclastica, legata alle variazioni di temperatura, è uno di questi fattori. In una scala temporale più vasta, il batolite granitico sardo, a partire dal Carbonifero fino ad arrivare al Pleistocene, è passato da un clima tropicale caldo-umido a climi via via più torridi e ha risentito, infine, pur non essendo direttamente coinvolto dalle glaciazioni, dei mutamenti termici legati ai periodi glaciali ed interglaciali. A piccola scala, questo tipo di erosione è determinata, anno per anno, dal clima della Sardegna, tipicamente bistagionale, in cui ad una stagione caldo-arida se ne alterna una freddo-umida con un’escursione termica media annua di 15-20°C, giorno per giorno, da moderati sbalzi di temperatura fra il dì e la notte,e, purtroppo sempre più spesso, dai continui incendi che innalzano repentinamente la temperatura. 

Poiché i minerali, che compongono le rocce granitiche hanno diverso calore specifico e differenti coefficienti di dilatazione, l’aumento e la diminuzione di calore cui sono (o sono stati) sottoposti contribuiscono (o hanno contribuito) a fratturare e desfogliare la roccia sana, soprattutto la sua parte più esposta, e ad approfondire le ben note “fessurazioni” di origine eocenica. Si determinano, infatti, dilatazioni nelle parti esterne diverse da quelle interne che creano tensioni capaci di spaccare la roccia e staccarne frammenti: si verifica, quindi, un processo «termoclastico». A questo si aggiunga l’azione delle acque di percolazione, che negli interstizi, nelle fratture e lungo le discontinuità presenti nella massa intrusiva, quali, ad esempio, i filoni, provocano profonde alterazioni dei silicati.

3.8/5