Religione ed arte echi della stampa del tempo

«Al vedere le varie immagini e le fotografie ritraenti, mercè lo zelo e l’opera dei Comitati religioso e civile, il capolavoro di Jerace, si dubitava — scriveva «Sardegna Cattolica» — nel settembre del 1901, della vera superiorità dello stesso scultore nel campo dell’arte…
Si dovettero però ricredere, qui sull’Ortobene, del non ingiustificato errore; si dice non ingiustificato inquantochè tali immagini e tali fotografie non ritraggono, neppure per riflesso, le bellezze ammaliatrici, affascinanti, della statua di Jerace.

Bisogna proprio venire qui sul monte a mirare questo portento di scultura e di immaginazione, questa bellezza arcana e soave del Cristo che parla al cuore ed alla mente, perché il Cristo di Jerace è — nell’arte e nella storia — l’archetipo di morale e di fisica perfezione… perchè nel Cristo non trovasi solamente la soddisfazione esterna dell’occhio, nella parte artistica, ma si risveglia la mente a nuovi e puri ideali e batte forte il cuore nel palpito arcano e sublime di un Dio Redentore.
Ed è precisamente questa la ragione che dà il posto di onore al capolavoro del Prof. Vincenzo Jerace di Napoli; l’artista ideale, fecondo, inspirato che attinse dallo stesso Iddio quella forza intuitiva, quel sentimento puramente cristiano, quella posa mistica, solenne, maestosa, sublime: virtù eminenti le quali tutte risplendono e spiccano nella statua del Redentore.

Ogni lode è superflua, giacché penna di scrittore — si sottolineava — per quanto fatidica, non può assolutamente descrivere le dolci commoventis- sime impressioni innanzi al genio creatore ed inspirato. Un sincero cristiano ammutolisce, sospira e piange alla presenza del nostro Redentore che, con la «croce» nella sinistra e con la destra protesa in atto di benedire la terra dei delitti, scende mestamente dal Cielo e lievemente poggia il piè sulla alpestre rupe dell’incantato Orthobene.

Vincenzo Jerace ha dato al Cristo che viene di nuovo fra noi, l’impronta più veridica e più sincera dei suoi tempi, e in quelli v’era, come nei nostri e come in tutti i tempi, la desolazione infinita di angustie e patimenti che dovevano essere confortate da un Dio.
Auguriamo al nuorese ed all’isola tutta, che pel monumento, ricordo a un tempo e venerazione, segua una completa radicale trasfigurazione intellettuale-morale nei cuori e nelle menti, sì che possano cancellarsi le tristi memorie e le funeste traccie del passato».

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