il problema dell'eolico in sardegna

Premessa

Premesso che, in un mondo sempre più in evoluzione, le fonti rinnovabili sono l’unica vera scelta perseguibile sia per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico, sia per quanto concerne il raggiungimento dell’indipendenza energetica. Per evitare un qualsiasi tipo di fraintendimento o strumentalizzazione invitiamo alla lettura dell’intero articolo.

Il contesto Sardo

Il paesaggio della Sardegna presenta peculiarità molto varie e articolate, difficilmente riconducibili a unicità e omogeneità. L’unico elemento di omogeneità riscontrabile nel paesaggio sardo è infatti “la diversità“. Per questo si sente dire spesso che “La Sardegna è quasi un continente”, un modo di dire eloquente che rispecchia in pieno la grande diversificazione del paesaggio sardo, caratteristica che può variare anche su brevi distanze e che è profondamente legata alla storia geologica dell’Isola e all’insularità che ne accresce bellezza e particolarità.

Ciao Sardegna! Mare e montagne, foreste, pianure, coste e spiagge. Per la grande varietà dei suoi bellissimi paesaggi ed ecosistemi c’è chi considera la Sardegna un ‘micro-continente’” – Samantha Cristoforetti (astronauta italiana, prima donna europea comandante della Stazione spaziale internazionale).

Non manca poi di certo la realtà storica e archeologica, ricordiamo infatti che la Sardegna vanta un primato mondiale, ossia la più alta densità di monumenti archeologici del mondo.

Il paesaggio culturale in Sardegna è un elemento di così tanta importanza da aver spinto una mozione per poterlo inserire tra i patrimoni dell’Unesco quale “museo aperto”.

Teniamo poi in considerazione la flora, caratterizzata da tantissimi endemismi, ossia specie vegetali che crescono esclusivamente in Sardegna. E ovviamente la fauna, anch’essa contraddistinta dalla presenza di diversi endemismi e animali a rischio estinzione. Le specie di uccelli poi, sia che abbiano una presenza stanziale, irregolare, od accidentale: sono circa 340, cifra che corrisponde al 74% dell’intera avifauna italiana, un dato da tenere in considerazione assolutamente.

Insomma, la Sardegna è un piccolo paradiso terrestre unico in tutto il mondo, da difendere, tutelare e valorizzare.

La Sardegna produce più di quanto consuma

Per quanto concerne l’energia elettrica, la Sardegna attualmente produce circa 12mila e 335 GWh a fronte dei consumi netti pari a 8mila e 426 GWh annui. Questo vuol dire che la produzione netta di energia elettrica generata sul territorio regionale è maggiore del 40,8% del fabbisogno netto isolano. Oltre il 40% dell’energia prodotta in Sardegna in gran parte dei casi viene esportata. (fonte: Regione Autonoma della Sardegna).

Il paradosso: le bollette più alte d'Italia

Dall’indagine dell’Osservatorio sull’energia che analizza a livello regionale l’evoluzione dei costi delle bollette per le famiglie, nel 2017 la bolletta media della luce per una famiglia sarda era di 518€ contro una media nazionale di 432€, il dato più alto. La Sardegna, quindi, produce energia elettrica più di quanto gliene serva ma i cittadini pagano più del resto d’Italia.

Energia da fonti Fossili

È fondamentale considerare che l’attuale produzione di energia elettrica in Sardegna proviene da una combinazione di fonti, che include sia fonti rinnovabili che non. È degno di nota il fatto che una significativa porzione di tale produzione sia attribuibile alle centrali a carbone

La Sardegna ha già subito un notevole sfruttamento in passato nel settore energetico, come evidenziato dal fatto che su tutto il territorio italiano sono attive sette centrali a carbone, di cui due si trovano proprio in Sardegna. Ossia più di un quarto. Le due centrali a carbone sono una a Fiume Santo e l’altra a Portoscuso.
Porre una particolare attenzione alle nuove richieste di concessione eolica, e non solo, ha il primario obiettivo di evitare la nascita di una nuova servitù oppressiva che si aggiungerebbe a quelle già esistenti. 

In percentuale, la Sardegna produce circa il 33% dell’energia da fonti rinnovabili e ben il restante 67% da fonti fossili.

Attenzione però, questo dato va attentamente contestualizzato

La Sardegna non limita la produzione energetica esclusivamente al proprio fabbisogno; detiene, come precedentemente scritto, un surplus di oltre il 40%, in genere destinato all’esportazione. Di conseguenza, la Sardegna contribuisce significativamente al fabbisogno energetico di altre regioni italiane e non solo.
Una quota parte di produzione da fonte fossile è pertanto destinata ad altre regioni.

Una domanda decisamente provocatoria che sorge è: Ma cosa accadrebbe se la Sardegna riducesse la sua produzione energetica al solo fabbisogno interno, eliminando il 40% di surplus esclusivamente dalle fonti fossili? 
La regione raggiungerebbe immediatamente gli obiettivi fissati dall’UE per il 2030!

È evidente che si tratta di un’ipotesi irrealizzabile e provocatoria, tuttavia ciò sottolinea l’importanza di contestualizzare dati e percentuali specifici. Suggerendo che tutte le regioni devono concorrere alla produzione energetica nazionale.

Cosa accadrebbe se la Sardegna limitasse la propria produzione energetica al solo fabbisogno interno, eliminando il 40% di surplus solo ed esclusivamente dalle fonti fossili?

Prendiamo in esame un esempio della situazione attuale:

  • Fabbisogno regionale: 100
  • Surplus: 40
  • Produzione totale: 140
  • Produzione da fonti fossili: 33% (33% di 140 = 93,8)
  • Produzione da fonti rinnovabili: 67% (67% di 140 = 46,2)

   

Simuliamo la paradossale e provocatoria eliminazione del surplus di produzione esclusivamente da fonti fossili:

  • Fabbisogno regionale: 100
  • Surplus: 0
  • Produzione totale: 140 – 40 = 100
  • Produzione da fonti fossili: 93,8 – 40 = 53,8
  • Produzione da fonti rinnovabili: 46,2 (invariata)

   

Ecco che ci troviamo in una situazione totalmente differente:

  • Nuova percentuale fonti rinnovabili: 46,2%
  • Nuova percentuale fonti fossili: 53,8%

 

In sintesi, eliminando il surplus di produzione esclusivamente dalle fonti fossili:

  • La quota percentuale di fonti rinnovabili aumenterebbe dal 33% al 46,2%.
  • La quota percentuale di fonti fossili si ridurrebbe dal 67% al 53,8%

Paradossalmente, la Sardegna raggiungerebbe gli obbiettivi europei per il 2030 (fissati al 45%)

L'idroelettrico

Per quanto riguarda le rinnovabili, un peso significante è ricoperto dall’idroelettrico. La produzione di energia tramite l’idroelettrico è, almeno per il momento, il sistema più economico. Una volta conclusi gli investimenti necessari per la creazione delle dighe, degli impianti e delle opere di manutenzione, le precipitazioni di pioggia e di neve assicurano, infatti, la completa gratuità e la continua disponibilità della materia prima. Le dighe, tra l’altro, regolano il flusso dell’acqua impedendo inondazioni. La Sardegna ha sempre sofferto il problema della siccità, con razionamenti costanti dell’acqua nei periodi più caldi dell’anno. Oggi invece la presenza di ben 38 invasi artificiali è conditio sine qua non per la sopravvivenza di agricoltura, industria, servizi, acquedotti civili. Invasi interconnessi che permettono di far arrivare la risorsa anche nei bacini dei territori dove non piove.

Speculazione Energetica: i numeri parlano chiaro!

A dimostrazione di un vero e proprio assalto speculativo, parlano in modo chiaro ed inequivocabile i dati e i numeri. La Sardegna necessita di circa 2 GW di potenza installata per soddisfare il proprio fabbisogno di energia elettrica. Tuttavia, lo Stato Italiano ha fissato per la Regione l’obiettivo di ulteriori 6,2 GW di potenza installata minima da fonti rinnovabili entro il 2030. Questo implica che alla Sardegna è stato imposto un tetto minimo di potenza installata da rinnovabile superiore a tre volte la potenza che le servirebbe per garantire il proprio fabbisogno energetico elettrico

E il tetto massimo? Semplicemente, attualmente, NON esiste. E non esiste neanche un limite percentuale massimo di territorio sardo da destinare ad installazioni rinnovabili (come invece accade negli altri stati).

Inoltre i dati impressionanti forniti da Terna indicano che attualmente ci sono richieste di concessioni nell’isola per ben 58 GW, ossia richieste per una potenza installata 30 volte superiore a quella che servirebbe per garantire il fabbisogno elettrico della Sardegna. Per comprendere quanto questa cifra sia spropositata, basti pensare che la potenza da fonte rinnovabile installata dell’intera Francia è di circa 20 GW.

Si può essere d’accordo sul fatto che la Sardegna possa produrre anche una quantità leggermente superiore al proprio fabbisogno. Tuttavia, stabilire un tetto minimo di potenza installata pari a tre volte il quantitativo che servirebbe per garantire il fabbisogno dell’isola, appare eccessivo e spropositato sotto tutti i punti di vista.

Obiettivi di potenza installata da fonte rinnovabile

L'assalto dell'eolico in Sardegna

Attualmente, la Sardegna vanta una delle produzioni più significative a livello nazionale di energia derivante da fonte eolica. Tuttavia, nonostante questo importante contributo energetico, si osserva un crescente afflusso di richieste di nuove concessioni per impianti e parchi eolici, il cui numero appare eccessivo e spropositato.

I dati ufficiali forniti dalla Regione Sardegna indicano la presentazione di oltre 800 progetti, che aumentano in modo costante, con un ritmo di 30/40 nuovi progetti alla settimana.

Impressionante è la mappa delle nuove richieste di concessioni fornita direttamente da TERNA – Rete Elettrica Nazionale, pubblicata nel sito ufficiale.

Mappa delle richieste di concessioni rinnovabili da fonte Eolica

Si evince in modo chiaro ed inequivocabile che ci si trova di fronte ad una vera e propria speculazione energetica.

Sono tantissimi i progetti presentati per la realizzazione di parchi eolici offshore (in mare) in Sardegna. Parliamo di centinaia e centinaia di aerogeneratori alti più di 270 metri l’uno, come se in mezzo al mare venisse conficcata una selva di grattacieli da 90 piani ciascuno.

Le concessioni, che interessano chilometri su chilometri di tratti di mare sardi, potrebbero compromettere in maniera irreversibile gli equilibri dell’ecosistema della flora e della fauna marina, nonché ovviamente il paesaggio naturalistico tipico della Sardegna.

Quale impatto per l’ecosistema marino? Per le rotte di gran parte della fauna marina locale? Per l’equilibrio della flora? Dove passeranno i cavidotti delle strutture? Quale impatto a livello paesaggistico? Nella maggior parte dei casi non è presente nessuno studio, analisi o report preventivo.

Ogni pala sarà più alta della Torre di Pisa, il doppio della ruota panoramica di Londra. Il paesaggio tipico della Sardegna, quello che abbiamo sempre conosciuto e che attira visitatori da tutto il mondo, andrebbe perso per sempre.

Possibile panorama dal belvedere del Monte Ortobene

Cittadini, enti, ricercatori, visitatori, liberi professionisti ed operatori economici che operano in ambiti dove il paesaggio assume un ruolo determinante potrebbero subire conseguenze negative non prevedibili e non analizzate all’interno dei progetti.

Ricordiamo che la tutela del paesaggio e dell’ambiente rientra tra i principi fondamentali della costituzione della repubblica italiana.

All’Articolo 9:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”

Sul problema di una vera e propria distruzione e sostituzione paesaggistica della Sardegna è intervenuta anche la Soprintendenza Speciale per il PNRR, che in diverse note sui progetti eolici, ha evidenziato in modo chiaro e netto: 

nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto” (nota Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e nota Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024).

E ancora: “si deve qui ulteriormente osservare che nel frattempo sono ulteriormente aumentati i progetti di impianti FER da fonte eolica in fase di VIA di competenza statale nel medesimo areale, tanto da configurarsi la concreta possibilità che il relativo paesaggio e contesto di giacenza del patrimonio culturale sia sostanzialmente sostituito da uno a specifico carattere industriale, costituito da strutture di altezza pari anche a 200m, risultando per questo sovrastanti a qualsiasi altra struttura naturale o storicamente costituitasi per l’uso del medesimo territorio (come testimoniato dai beni archeologici ed architettonici presenti) e per questo anche oggetto di tutela da parte del Piano paesaggistico regionale.” (parere della Sopr. PNRR prot. n. 0037448 del 27 febbraio 2024)

Danni irrimediabili

Oltre ai progetti dell’eolico in mare, vi sono poi i progetti su terra che hanno un impatto uguale, se non addirittura peggiore, dei primi.

I basamenti degli aerogeneratori hanno un impatto devastante, metri cubi di cemento armato da cavi d’acciaio spessi diversi centimetri che rimarranno per sempre, anche qualora si volesse rimuovere la turbina.

 

[Centinaia e centinaia di basamenti come questi modificheranno il paesaggio rurale tipico della Sardegna]

[Decine di chilometri di scavi per il cavidotto]

[Trasporto pale eoliche, ognuna lunga come un palazzo di 18 piani]

Qualora i progetti si realizzassero, porterebbero dei cambiamenti drastici irrimediabili. Le concessioni di questi super impianti variano dai 30, 40 ai 50 anni, più le dovute proroghe e nuove concessioni. Questo vuol dire che non si potrà tornare in dietro, il paesaggio cambierà e non potremo più vederlo com’era prima, se non nella nostra immaginazione o in vecchie fotografie. Le future generazioni cresceranno senza poter conoscere le località com’erano originariamente. Questo è il prezzo da pagare per dare energia al resto d’Europa, meno che ai sardi.

Diverse strade ed aree dell’isola risultano non idonee al passaggio e al trasporto di queste enormi strutture. Si procede quindi, oltre che all’esproprio dei terreni limitrofi, anche al taglio degli alberi e, qualora servisse, alla rimozione dei muretti a secco e di tutti gli elementi che possano disturbare il passaggio delle pale.

Qui sotto un esempio tratto dal progetto di Bessude in provincia di Sassari (Documento originale in PDF: Clicca qui)

 

[Taglio degli alberi e rimozione dei muretti a secco per il passaggio delle pale eoliche]

Si segnalano inoltre impianti posizionati nelle estreme vicinanze e addirittura sopra siti archeologici di elevata rilevanza storica (nuraghi, tombe di giganti, dolmen, domus de janas, ecc. – si veda ad esempio il caso in comune di Luras, dove è stata rilevata ai piedi di un aerogeneratore la presenza di una Tomba dei giganti di età nuragica, lo scavo per l’installazione dell’impianto ha rischiato di far scomparire per sempre sia la Tomba che il circolo). Altri sono invece i progetti che ricadono in aree caratterizzate da importanti rotte di migrazione; altri ancora nelle estreme vicinanze o all’interno di aree di protezione speciale (ZPS, SIC, ecc.).

L’eolico e il problema degli incendi in Sardegna

La Sardegna da anni affronta il problema degli incendi estivi, che devastano ettari di territorio, distruggendo preziosi ecosistemi, campagne ed allevamenti, mettendo a rischio la sicurezza di cittadini e non solo. Alla lotta estenuante agli incendi boschivi, si aggiunge oggi un ulteriore serio problema: l’invasione dell’eolico selvaggio.

Nella vicinanza degli aerogeneratori, infatti, non possono operare mezzi aerei come i Canadair, che hanno un ruolo essenziale nell’arginare le fiamme, specie negli incendi boschivi.

Lo chiarisce anche in modo inequivocabile un documento della Regione SardegnaCriticità inerenti le complesse operazioni di spegnimento degli incendi boschivi. La presenza degli aerogeneratori costituirebbe un ostacolo alla navigazione, sui corridoi di approccio alle fiamme, dei mezzi aerei ad ala fissa, influendo negativamente sull’efficacia degli interventi di spegnimento e potrebbe addirittura escluderlo. La stessa problematica riguarda l’utilizzo dei mezzi ad ala rotante in particolare nelle fasi di spegnimento e di approvvigionamento idrico.

Problemi non solo nello spegnimento ma anche nell’approvvigionamento idrico dei mezzi.

Se davvero si dovesse realizzare la situazione speculativa in atto, con la costruzione di migliaia di pale eoliche in tutta l’isola, comprese le zone più suggestive della Sardegna, nelle aree boscate e zone di protezione speciale, sarebbe un ulteriore grosso problema.

(Documento PDF della Regione Sardegna: Clicca qui) (Il precedente dell’incendio ad Aggius: Clicca qui)

Difficoltà di smaltimento

Le turbine eoliche in genere sono costruite per durare, con una vita operativa stimata intorno ai 30 anni. Ma cosa succede quando raggiungono la fine del loro ciclo di vita? Le pale delle turbine ovviamente non sono biodegradabili e le fondamenta, come abbiamo visto, sono costituite da enormi blocchi di cemento armato, materiali che presentano sfide significative in termini di smaltimento.

Le pale delle turbine eoliche, a causa della loro composizione materiale, non possono essere facilmente riciclate o riutilizzate, anche se negli ultimi anni si stanno facendo grandi passi avanti al riguardo. Attualmente però, molte di queste pale, proprio per la difficoltà di riutilizzo e smaltimento, finiscono nelle discariche. Questo non solo occupa spazio prezioso, ma rappresenta anche un problema ambientale, dato che le pale delle turbine possono impiegare centinaia di anni per decomporsi e, lungo il corso di questi anni, rilasciano diversi materiali altamente inquinanti.

Le fondamenta delle turbine eoliche poi, costituite da blocchi di cemento armato, rappresentano un’altra sfida. Il processo di rimozione è decisamente costoso e richiede molto tempo, e spesso si traduce in un danno significativo al paesaggio circostante. Di fatto è accaduto che in diversi parchi eolici dismessi, i basamenti venissero sotterrati e lasciati lì. Inoltre, il cemento armato non è facilmente riciclabile, il che significa che anche queste strutture possono compromettere in modo significativo il terreno circostante.

[Discarica di pale eoliche]
E durante il loro ciclo di vita?

Un recente studio condotto dall’Agenzia Norvegese per la Protezione Ambientale (Green Warriors of Norway / Norges Miljøvernforbund – NMF), inviato all’ECHA European Chemicals Agency, ha sollevato preoccupazioni riguardo a un aspetto finora trascurato nella valutazione del ciclo di vita delle pale eoliche. Queste strutture, composte principalmente da fibre di vetro e resine, contengono quantità significative di Bisfenolo A (BPA), una sostanza chimica classificata come pericolosa. Sebbene in passato si ritenesse che il rilascio di questa molecola nell’ambiente avvenisse rapidamente e senza conseguenze gravi, le nuove ricerche hanno dimostrato un fenomeno allarmante:

Le pale eoliche, esposte a condizioni atmosferiche estreme, specialmente in ambiente marino, rilasciano microplastiche sotto forma di particelle o filamenti che inglobano il “Bisfenolo A“. Contrariamente alle aspettative, queste microplastiche non permettono un rapido degrado della sostanza chimica, ma agiscono come uno scudo protettivo che la mantiene intatta. Le particelle di microplastica finiscono così nell’ecosistema, in particolare negli oceani, trasportando al loro interno il “Bisfenolo A” in un vero e proprio “effetto cavallo di Troia”.

Una volta entrato nella catena alimentare attraverso il plancton e i pesci di piccole dimensioni, il “Bisfenolo A” viene rilasciato dalle microplastiche ingerite a causa dell’azione degli acidi digestivi, penetrando così negli organismi attraverso l’apparato digerente. Uno studio preliminare condotto sulla trota iridea ha evidenziato che questa sostanza può causare danni genetici che si trasmettono per diverse generazioni, compromettendo soprattutto la capacità riproduttiva degli esemplari esposti.

Le pale delle turbine eoliche rilasciano da 0,5 a 2,5 grammi di bisfenolo puro (BPA) all’anno. Calcolato su una durata di 20 anni, ciò equivale alla distruzione di 100-500 milioni di litri di acqua per turbina. Non proprio trascurabile in quanto questo finisce nel regime alimentare e anche nel flusso sanguigno. Ma anche questa cifra è probabilmente una sottostima, data la reputazione dell’industria eolica.

Evidenziare questi aspetti non vuol dire essere contrari all’eolico, esistono fonti di energia molto più inquinanti. Tuttavia non si può risolvere un problema creandone uno nuovo. Gli impianti eolici devono essere fatti nei luoghi opportuni, distanti sia dagli ambienti ricchi di ecosistemi e biodiversità che dalle aree paesaggistiche più suggestive, considerando l’importante impatto ambientale che hanno queste strutture.

(Fonte: ECHA (Agenzia Chimica Europea) e Agenzia Norvegese per la Protezione Ambientale; Clicca qui)

L'energia NON va ai Sardi

Come scritto in precedenza la Sardegna produce già oggi molta più energia elettrica di quella che consuma. Inoltre, un numero crescente di famiglie e aziende sta installando piccole turbine e pannelli solari sui propri tetti domestici e commerciali. Di conseguenza, con il passare degli anni, molti cittadini sardi, in presenza di sole e vento, saranno quasi completamente autosufficienti.

In Sardegna la popolazione è poco più di un milione e mezzo di abitanti, per questo è bene specificare che l’eventuale energia prodotta da queste mega costruzioni verrà utilizzata solo in pochissima parte dalla Sardegna. L’energia verrà portata in Italia, per soddisfare i bisogni della penisola, mentre la Sardegna pagherà il prezzo sull’impatto ambientale e paesaggistico. 

Chi si cela quindi dietro la presentazione di tali impianti?

Dopo aver condotto un’analisi approfondita dei progetti in questione, emerge che una considerevole quota di essi è stata presentata da società di recente costituzione con un capitale sociale estremamente limitato, spesso non superiore a 10.000 euro, e in casi fortunati, raggiungente appena i 150.000 euro. Queste cifre esigue non offrono alcuna solida garanzia o affidabilità.

Inoltre, risulta complesso individuare con chiarezza i proprietari effettivi di tali società, i quali spesso risiedono in Paesi extra-UE come Singapore, New York, e simili. Tali società sono inoltre collegate a multinazionali straniere con un interesse preminente nella ricerca di profitto e speculazione finanziaria. Questa situazione suscita dubbi legittimi sul reale interesse verso una transizione ecologica e sostenibile. 

È la storia che si ripete, nel 1800 era indispensabile l’utilizzo del carbone e della legna. Gli industriali piemontesi disboscarono in modo massiccio l’isola, lasciando alla Sardegna la degradazione catastrofica del suo territorio.

Così scriveva Giuseppe Dessì, nel suo romanzo Paese d’ombre: “La salvaguardia delle foreste sarde non interessava ai governi piemontesi, la Sardegna continuava ad essere tenuta nel conto di una colonia da sfruttare, specialmente dopo l’unificazione del regno”.

Sottolineiamo che il massiccio disboscamento dell’isola avvenne sotto gli occhi dei sardi, che tutto sommato non opposero alcuna resistenza e i piemontesi poterono sfruttare il territorio per pochi soldi. “A un popolo in ginocchio anche questi pochi soldi paiono la salvezza”, scriveva Gramsci.

Ieri gli alberi ultra-secolari della Sardegna per il carbone, oggi il vento, gli ecosistemi, la biodiversità e il paesaggio per l’energia di altri.

Einstein Telescope, un progetto a rischio

Il Telescopio Einstein (Einstein Telescope, o anche solo ET) è un futuro rilevatore di onde gravitazionali di terza generazione attualmente in fase di studio da parte di vari enti scientifici dell’Unione europea.
Un volume d’investimenti da oltre 4,5 miliardi, 36mila posti di lavoro in nove anni, ricadute in ambito industriale nei settori della meccanica di precisione, della sicurezza degli impianti e dell’automazione.

Tutto questo qualora il progetto venga realizzato in Sardegna, una delle possibili candidate considerati i quasi inesistenti rischi sismici nell’Isola. Questo importantissimo progetto porterebbe in Sardegna l’attenzione di scienziati, ricercatori e finanziamenti internazionali, oltre che un nuovo ruolo di prestigio dell’isola nel mondo.

Secondo il presidente dell’Istituto italiano di Geofisica Carlo Doglioni: «Le pale eoliche sarebbero una rovina per l’Einstein telescope» e «Comprometterebbero le motivazioni che hanno portato alla scelta del sito» . Un danno e una perdita immensa.

Germania, il modello tedesco

Il ministro federale dell’economia Habeck ha spiegato che l’obiettivo generale per la Germania è destinare il due per cento del territorio per l’espansione delle energie rinnovabili. Lo dividono equamente a livello regionale, tenendo conto delle condizioni del vento, della protezione della natura e delle specie, e delle disposizioni spaziali. Spetta ai “Länder” (ossia le regioni) decidere come raggiungere i propri obiettivi di zona.

Il provvedimento obbliga sostanzialmente ogni Länder a rendere disponibile dall’1,8 al 2,2% della loro superficie territoriale per nuove turbine entro la fine del 2032. Le città-stato – ossia Amburgo, Brema, e Berlino – dovranno invece identificare lo 0,5 per cento del loro suolo. 

Una scelta che spetta dunque alle regioni, ai territori locali, che possono in tutta libertà individuare alcune zone da destinare alle rinnovabili. Nulla viene calato dall’alto.

Lemke, ministro dell’ambiente, ha anche specificato che: “Con le modifiche alla legge federale sulla conservazione della natura, stiamo consentendo procedure più rigorose, rapide e giuridicamente sicure per l’espansione dell’energia eolica. Allo stesso tempo, manteniamo elevati standard di protezione ecologica e forniamo supporto a lungo termine alle specie in via di estinzione attraverso un nuovo programma di aiuti. Quindi stiamo mettendo insieme due obiettivi”.

Proposte e conclusioni

In conclusione possiamo affermare che il problema non è l’eolico in sé,(che insieme alle altre fonti rinnovabili sono l’unica vera alternativa all’uso del fossile), ma il come lo si sta realizzando. Manca infatti un CRITERIO 

Inoltre, per contrastare la speculazione dilagante, caratterizzata dalla presentazione di numerosi progetti da parte di società a responsabilità limitata neocostituite (molte delle quali inattive), i cui proprietari effettivi sono difficilmente identificabili e il cui capitale sociale è inadeguato a fornire garanzie solide, si propone l’introduzione di una fideiussione bancaria obbligatoria per poter presentare i progetti. Tale fideiussione dovrebbe coprire l’intera durata del progetto, dagli studi preliminari fino allo smaltimento dell’impianto e alla bonifica del territorio.
In questo modo, la presentazione di nuovi progetti sarebbe subordinata al vincolo di un’adeguata copertura finanziaria, a tutela dell’interesse pubblico e dell’ambiente, scoraggiando iniziative prive di solide basi economiche.

Proprio per quanto riguarda la “pubblica utilità“, e sempre in contrasto alla speculazione, sarebbe opportuna l’introduzione di gare d’appalto pubbliche. In questo modo si potrebbe garantire trasparenza e competizione, una selezione dei progetti migliori (si possono assegnare punti per i progetti meno impattanti, per i più innovativi, per quelli che generano maggiori ricadute sul territorio ecc.), fiducia del pubblico, equità e opportunità per tutte le aziende promuovendo una concorrenza giusta e infine efficienza e ottimizzazione, infatti la selezione dei progetti attraverso gare competitive potrebbe favorire la scelta dei siti più idonei e l’utilizzo delle tecnologie più efficienti.

Attualmente in Sardegna sono state le Multinazionali a decidere e proporre i luoghi e i territori nei quali installare le centinaia di pale eoliche per generare elettricità per le altre regioni.

Sarebbe davvero auspicabile invece che, anche in Italia, si arrivasse ad un modello simile a quello tedesco. TUTTE le regioni italiane dovrebbero concorrere alla produzione energetica nazionale, individuando le aree più consone per l’installazione degli impianti.
La Sardegna, interloquendo con la popolazione, le amministrazioni locali e le associazioni, potrebbe individuare facilmente quelle aree, ormai compromesse sia a livello ambientale che a livello paesaggistico, adatte a progetti rinnovabili.

In conclusione possiamo affermare che le fonti rinnovabili ed ecosostenibili sono la strada da percorrere, ma nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio.

È opportuno prendere in considerazione tutte le tecnologie attualmente disponibili e, in particolar modo, le più moderne, efficienti e meno impattanti. Degno di nota è il fatto che le grandi aziende abbiano la necessità di commercializzare prodotti realizzati su vasta scala e per i quali spesso rimangono grosse giacenze che non aspettano altro che essere vendute. La scelta di impianti rispettosi delle peculiarità della Sardegna è doverosa e necessaria. Perché il paesaggio, i beni ambientali e culturali e la biodiversità NON HANNO PREZZO e rappresentano un patrimonio inestimabile la cui preservazione deve essere una priorità imprescindibile. (Per la produzione di energia dal vento, non esistono solo le pale eoliche! Approfondisci qui: Eolico – Alcune Alternative)

Siamo convinti occorra stabilire un limite, una percentuale, all’utilizzo del territorio regionale destinato all’installazione dei progetti sopracitati (es. modello tedesco), inoltre i luoghi e le aree d’installazione di questi impianti non devono essere individuati dalle multinazionali o società speculative, ma dagli enti locali.

La Sardegna è già destinataria di pesanti trasformazioni del territorio e di gravissimi danni ambientali in siti in funzione (i poligoni interforze di Capo Frasca, Capo Teulada, Quirra, la più grande raffineria dell’Europa, molteplici parchi eolici) o dismessi (Eurallumina e Alcoa di Portovesme, con la pesante eredità dei fanghi rossi ecc.); e che pertanto, con l’installazione dei suddetti impianti, la Sardegna si dovrebbe accollare un ulteriore debito ambientale

Il problema attuale è che la Sardegna, in queste condizioni, sarebbe destinata a farsi carico della produzione energetica nazionale, sacrificando per sempre il proprio piccolo, fragile e unico paradiso terrestre. 

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FAQ - Domande comuni e risposte

Non volete l’eolico, non volete le rinnovabili! Preferite il carbone?

Assolutamente No! Le fonti rinnovabili ed ecosostenibili sono la strada da percorrere, ma nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio sardo, unico in tutto il mondo. Il problema attuale è che la Sardegna, in queste condizioni, sarebbe destinata a farsi carico della produzione energetica nazionale, sacrificando per sempre il proprio paesaggio. Attualmente in Sardegna sono state le Multinazionali a decidere e proporre i luoghi e i territori dove installare le centinaia di pale eoliche per generare elettricità per le altre regioni.  Sono invece i territori locali che possono individuare facilmente tutte quelle aree, ormai compromesse sia a livello ambientale che a livello paesaggistico, adatte a progetti rinnovabili.  Ti riportiamo alle proposte [Clicca qui]

Le pale eoliche in mare sono distanti, non si vedono.

Questa è una delle fake-news più comuni che circolano. Le pale eoliche sarebbero ben visibili!

Si consideri l’altezza di una persona media ≈ 1,70m e l’altezza dei singoli aerogeneratori ≈ 268m
Si utilizza la seguente formula: :
D(Km)<3,57×( √(h persona (m) )+√(h aerogeneratore (m) ) )
D(Km)<3,57×( √1,70m+√268m ) –> D(Km)< 63,10 Km

Risultato: Una persona di altezza 1,70m, posta in riva al mare, vedrà gli aerogeneratori a meno che questi non si trovino ad una distanza di almeno 63km, ben lontani dai circa 20/25km previsti nei progetti. 
Gli impianti sarebbero perfettamente visibili dalle coste più belle e incontaminate della Sardegna.

Per questo in Nord Europa tantissimi impianti si trovano ad oltre 100 km dalla costa.

Stiamo vivendo una crisi energetica, questi impianti possono abbassare le bollette?

Attualmente la Sardegna produce molta più elettricità di quella che consuma e, nonostante questo, le famiglie Sarde sono quelle che pagano di più in bolletta di tutta Italia. Non c’è alcuna correlazione tra questi nuovi impianti e il costo in bolletta. La Sardegna produce già di più.

Dovremmo sfruttare le risorse che abbiamo, ad esempio il vento.

Nessuno lo mette in dubbio, la Sardegna deve sfruttare le proprie risorse energetiche, ma gli impianti devono essere fatti nei posti opportuni e in rapporto all’energia che consumiamo. Sarebbe invece molto bello sfruttare e valorizzare anche l’ambiente e il paesaggio incontaminato che abbiamo, unico in tutto il mondo!

Con questi impianti si creerebbero tanti posti di lavoro, l’economia sarda potrebbe crescere?

I progetti sono portati avanti da Multinazionali miliardarie, molte delle quali hanno sede negli Stati Uniti o in Spagna. Sono aziende enormi che hanno già i propri dipendenti e il proprio personale altamente specializzato. Inoltre, tantissimi dei progetti presentati provengono da Srl neocostituite e con capitale irrisorio, frutto della speculazione in atto.

L’Einstein Telescope, progetto unico internazionale che porterebbe in Sardegna l’attenzione di tutto il mondo, ha un volume d’investimenti da oltre 4,5 miliardi, 36mila posti di lavoro e ricadute positive sull’intero territorio regionale. L’Eolico, fatto in questo modo, comprometterebbe la candidatura della Sardegna.

Siete per le rinnovabili, per il fotovoltaico, per l’eolico, ma a casa degli altri!

Assolutamente No. L’eolico è già utilizzato ampiamente in Sardegna da diverso tempo e lo stesso vale per le altre fonti rinnovabili. Noi auspichiamo che, anche in Italia, si arrivi ad un modello simile a quello tedesco. Tutte le regioni italiane dovrebbero concorrere alla produzione energetica nazionale, individuando le aree più consone per l’installazione degli impianti. Leggi cosa fanno in Germania! [Clicca qui]